Cenerentola, o dell'unicità
Un’adolescente esce di casa praticamente per la prima volta nella vita e va a un ballo. Qui conosce il ragazzo dei suoi sogni ma è costretta a rientrare a casa a mezzanotte, proprio quando l’atmosfera si sta scaldando.
Fino a due anni fa poteva pure farci pena, ma ora chi se lo ricorda più com’era stare fuori a scatenarci in pista con un bel ragazzo?
Oggi che il memory foam ha trovato spazio anche nelle suole delle nostre ciabatte, saremmo disposte eccome a indossare irricevibili calzature di vetro pur di andare a un party come si deve e farci di nebbia alle undici e tre quarti, no?
Non chiamatela fortunata
Chiariamo: Cenerentola non era per niente quella gran c*** evocata in Pretty Woman, visto che aveva 1. perso la mamma da piccola 2. passato l’adolescenza a rovistare nella cenere 3. subíto umiliazioni di ogni sorta da matrigna e sorellastre.
Due fatti mi hanno sempre lasciato interdetta della sua vicenda, e riguardano la parte della storia in cui Cenerentola decide che è il momento di prendere in mano il suo destino. Si mette in testa di andare al ballo a tutti i costi, intuendo che lì è la sua unica speranza di andarsene di casa con annesso scacco matto al Re. Mostrando un inatteso coraggio, per una che non si era mai ribellata a niente, disobbedisce.
Esce una volta sola, ma cavolo se la fa fruttare.*
Grazie ai prodigi di quella bacchetta magica che oggi ci è rimasta giusto come filtro per selfie, la nostra va, balla, stupisce. Mezzanotte scocca, Cenerentola fa ritorno a casa, in amor vince chi fugge, carrozza e cavalli si ritrasformano in zucca e topi, il vestito da sera nella solita parannanza. Tutto torna com’era tranne la scarpina di cristallo rimasta in mano al principe… E qui mi viene il primo dubbio.
Secondo: perché il principe non va di persona a cercare la sua amata? Capisco il cerimoniale, ma possibile sia così impegnato da non poter nemmeno fornire delle indicazioni di massima, un rudimentale identikit della fanciulla con cui ha ballato tutta la sera?
No, lui manda in giro i suoi scagnozzi con una scarpa frangibile da provare a tutte le single del circondario, col rischio che gli portino a casa la donna sbagliata, magari col piede uguale a quello della donna giusta.
The day after
Vero è che dove trucco e parrucco possono fare miracoli, la luce del mattino che segue una festa degna di questo nome riporta la verità a galla più spietatamente che la fine di un incantesimo. Il principe non avrà voluto rischiarsela troppo.
Leggendo varie versioni della favola, comprese quelle egiziana e quella cinese, di molto precedenti a quella che conosciamo, si evince chiaramente che il rischio non c’era, perché Cenerentola aveva i piedi più piccoli del regno (e se tanto mi dà tanto non era nemmeno più alta di me) quindi la scarpina poteva entrare solo a lei.
Questo va detto non solo per insinuare che il principe fosse un feticista (dettaglio comunque non esplicitamente negato dalle fonti), ma perché il piede costituisce la prova dell’unicità della protagonista. Per questo la scarpina di cristallo resta incantata: lo conferma Jung qualche decennio dopo i Grimm, dicendo che “la scarpa che sta bene ad una persona sta stretta a un’altra: non c’è una ricetta di vita che vada bene per tutti”.
È dunque la saggezza del principe a sciogliere i miei quesiti? Dannazione, non avrei mai detto che quella specie di Ken Ballerino fosse saggio: siamo unici, anche se la maggior parte delle donne calza il 37 e ½, e lo dimostrano quegli scaffali disperatamente vuoti al secondo giorno di saldi.
Siamo unici, e questa pare sia una cosa buona per noi e per chi ci sceglie.
Vissi d'amore?
Quindi tutto bene, la donna coi piedi minuscoli e il delfino si ritrovarono e vissero felici e contenti. Sì, ma per quanto? Le lasciamo sempre sull’happy end, queste post adolescenti che hanno fatto un bell’acchiappo, ma poi? Fanno figli? Litigano per colpa della regina madre? Invecchiano insieme al principe (e)stinto?
Una parte della risposta si trova riavvolgendo il nastro e riportando la piccola Cenerentola al capezzale della mamma morente, una situazione dolorosa condivisa con molte altre sue colleghe.
Una è Vassilissa, protagonista di una celebre fiaba russa molto simile a Cenerentola: giovanissima orfana di madre, vive col padre, la matrigna e due sorellastre che la tormentano e la costringono a servirle. Prima di morire, la mamma dona a Vassilissa una bambolina dicendole che, se l’avesse nutrita, quella l’avrebbe aiutata nei momenti della vita in cui V. non avrebbe saputo che strada prendere. La bambolina è l’istinto, la dote essenziale da dare in dote. Il principe azzurro non viene nemmeno nominato: alla mamma di Vassilissa interessa sapere che la figlia supererà da sola anche le sfide più ardue, tipo trovare milioni di semi di papavero nell’immondizia (wtf?!).
Cenerentola, invece, si becca un bel consiglio: “Sii gentile”. L’aggiungerei come punto 4 alla parte dove si elencano le sue sfighe, ora che ci penso. Qual è la mamma che oggi consiglierebbe alla figlia la gentilezza in primis? Una che non ha il polso della situazione, per esempio. “Educa donne libere, non principesse sottomesse”, diceva quella frase sul muro che girava sui social un po’ di tempo fa. Piaceva molto alla me protofemminista che ogni tanto teme ci siano da rinfrescare un paio di concetti, tipo quelli che dice mia zia quando si scalda perché le giovani (?) donne della stirpe sembrano essere troppo buone.
“Tout comprendre c’est tout pardonner”. No, questo era Tolstoj. Mia zia dice: “Ehhh, voi oggi siete tolleranti. Capiscono tutto, loro (sventolando la mano), comprendono tutti, loro (cioè noi). È chiaro che poi se ne approfittano, tanto voi siete gentili!”.
Comunque ce lo avete detto voi che dovevamo essere “superiori”, senza mai spiegarci bene a cosa, né cosa volesse dire.
Ma torniamo alle mamme delle favole, che non sono genitrici assenti come quelle che plasmano (loro malgrado, per carità sia mai) future codipendenti affettive. Queste mamme “muoiono” (simbolicamente) quando le figlie iniziano a crescere e il dono che devono fare loro è indicare loro la via della consapevolezza. Il resto dovrebbe venire da sé.
Spiega Marie-Louise von Franz nel libro Il femminile nella fiaba che “la maggior parte delle figlie vivono in una relazione d’identità arcaica con la madre, soprattutto se hanno una buona relazione con lei. (…) L’inconveniente è che non procede l’individuazione della figlia diventata troppo adulta: costei continua la figura femminile positiva come tipo, non come individuo, senza realizzare la sua differenza specifica".
La differenza specifica è la bambolina, ovvero l'istinto, unico come la scarpina. Un istinto che va liberato dalle frasi che ci diciamo quando sappiamo bene cosa andrebbe fatto per farci stare meglio ma per cui temiamo di essere giudicate inappropriate, poco umili, poco zen. E ci facciamo assalire dal dubbio e dall'immobilismo.
Ricapitolando
Dalla storia di Cenerentola non possiamo certo imparare ad avere dei piedi congrui, ma possiamo 1. rubarle la determinazione che la porta al ballo rischiando ciò che non ha mai rischiato prima: opporsi al volere della matrigna. Non si può piacere a tutti, la gentilezza ha un limite e la matrigna è decisamente un ramo secco. Non sembreremo obsolete, si spera, anche se 2. aneleremo alla determinazione del principe a volere quella donna e nessun’altra, vista l’interscambiabilità che domina sovrana nei rapporti del nostro millennio (croce e delizia, ma soprattutto croce).
Vassilissa ci dà un messaggio più spendibile. Nutrire l'istinto non basta. Decenni di psicologia a portata di libro ci hanno insegnato ad autocondizionarci manipolandolo, districandoci tra politicamente corretto, empatia, immedesimazione. Quasi che essere istintive corrisponda a non essere abbastanza evolute.
La vera evoluzione è tornare primitive, fidarsi di quello che la pancia suggerisce prima che la coscienza ci metta una pezza: è la via democratica per sopravvivere alle sfide e ai cambiamenti senza soccombere e senza tradirsi.
Facciamocelo entrare in zucca!
*Questo sito non considera le riletture censorie del nuovo millennio: Biancaneve non è
stata violentata e Cenerentola non è un’arrampicatrice sociale. O, quanto meno, è suo diritto esserlo.
"La scarpa che sta bene ad una persona sta stretta a un’altra: non c'è una ricetta di vita che vada bene per tutti".
C. G. Jung