Cassandra una di noi

Cassandra

Questa vicenda nasce dalla solita incapacità degli dèi di accettare i rifiuti, stalker insicuri che non erano altri.

Uno era Apollo, che con le donne non aveva questo gran successo. Si era innamorato di Dafne e lei aveva preferito diventare un albero, poi di Marpessa che gli aveva preferito un mortale, anche perché temeva che Apollo l’avrebbe lasciata quando sarebbe invecchiata (non che serva essere immortali per avere queste preferenze, comunque).

Il dio del sole fu rimbalzato anche da Cassandra, alla quale in fase di corteggiamento aveva fatto il dono della profezia. Quando lei si tirò indietro, lui - sputandole sulla bocca – la condannò: avrebbe continuato a prevedere il futuro, ma nessuno le avrebbe creduto.

Semplicemente, la condannò alla solitudine.

“Volli il dono della veggenza”

Di rosiconi e di rosicone è piena la storia, e così per lo scuorno di una divinità il nome della bella veggente ha finito per diventare l’epiteto da affibbiare a chi – facendo previsioni funeste – sembra quasi che porti sfiga.

Leviamo pure il quasi.

Lei ci aveva messo del suo: già da bambina, quando tutte le altre giocavano a fare le dee, giocava a fare la sacerdotessa. E, da adulta, continuava a cercare nella “devozione” un riparo al timore di ciò che non poteva controllare, compresi gli uomini, che con lei non ci erano andati per il sottile.

“Non devi avere tanta paura, figlioletta. Questa bambina si immagina troppe cose”, dice la nutrice Partena nella stupenda rilettura del mito scritta da Christa Wolf.

E lei: “Volli diventare sacerdotessa. Volli il dono della veggenza, a tutti i costi”. Volle prepararsi al peggio anticipandolo, piccola Cassandruccia.

La sindrome di Cassandra

A quei tempi non si parlava ancora di quella specie di maledizione che gli psicologi oggi chiamano “profezia che si autoavvera” e che in pratica consiste nel tirarsela da soli.

Ovvero: se profetizzi una cosa, ti comporterai in modo che quello scenario si realizzi proprio mentre ti stai affannando per far girare le cose al contrario. Magari avevi ragione a pensare che lui ti avrebbe tradito, però se lo ha fatto è colpa tua perché ce lo hai spinto con i tuoi timori, ho capito bene?

Sicuramente non si parlava nemmeno dell’omonima sindrome*: alla metà del secolo scorso, il filosofo francese Gastón Bachelard prese in prestito questa storia per descrivere il problema delle persone che fanno previsioni catastrofiche sul futuro e che, non essendo credute dagli altri, vedono ritorcersi le loro parole contro se stesse a scapito della desiderabilità sociale.

In che senso desiderabilità sociale? Presto detto: se Cassandra avesse profetizzato una vincita al totocalcio o l’incontro di Apollo con l’amore della sua vita pensate che non le avrebbero continuato a credere pure se le previsioni si fossero rivelate infondate?

La gente vuole che gli si dica quello che vuole ascoltare, quello che la fa stare meglio. Se è vero o non è vero ha poca importanza (#andratuttobene).

Conviene sapere prima?

Perché poi c’è un’altra questione: a che serve sapere prima se ci sarà una catastrofe visto che il futuro non è modificabile? Lo ha dimostrato Edipo che, scappa di qua e scappa di là, si finisce dalla padella alla brace.

Un buon modo di sopravvivere sarebbe affrontare le questioni solo nel momento in cui si presentano. Se le enunci prima, rischi di essere accusato di una specie di collaborazionismo.

Tipo: “Se a lavoro mi chiedono di fare questa cosa che non voglio fare, dirò che…”. Te la chiederanno. Si guarderanno intorno come il professore al liceo e sarai chiamato alla lavagna. La frase che ti eri preparato sarà servita solo a mettere nei tuoi gesti quello che serviva per farti interrogare, e diventerà inutilizzabile.

Meglio improvvisare.

C’è una verità in tutto questo?

Ne parlavo con mio padre, associando il tendere al catastrofismo che in qualche situazione mi appartiene alla capacità predittiva di Cassandra.

“Ma lei diceva cose vere!”, obiettava lui.

“Eh, d’accordo, ma se era lei a provocarle?”

Silenzio. Qui stiamo esagerando.


Un brandello di storia: Cassandra era la figlia di Ecuba e Priamo, re di Troia, una città piuttosto chiacchierata a quei tempi. Ora io non voglio dire, né mio padre potrebbe accettarlo, che i greci si siano materializzati nel cavallo di legno nell’istante in cui lei ha fatto presente che erano lì, ma che alcune cose inizino a prendere forma nel momento in cui iniziamo a temerle, visualizzarle, verbalizzarle, facendo l’effetto sbattimento di ali di farfalla su un cataclisma chissà dove… eh, questo è difficile da stabilire.

Penso che anche le coincidenze funzionino così, nel bene e nel male. A forza di cercare, interpretare, dare un senso ai simboli, le coincidenze si verificano (il che non le rende comunque meno affascinanti).

L’ansia e le sue magie

Ansiosi e ipocondriaci conoscono bene la dinamica di anticipare un evento negativo nella speranza di prepararsi un po', o magari giocare di scaramanzia, assicurando alla sorte che la prendono sul serio.

Il dono della preveggenza lo paragonerei ai miei sensi ipersviluppati, ottimi se vuoi diventare sommelier o cane da tartufo: se non sei interessato a questi mestieri, i sensi in allerta li usi per passare in rassegna sintomi (checking behavior, lo chiamano), annusare dolcetti che ti ricordano i bei tempi (Proust) e rifiutare cibi potenzialmente velenosi (io).

Dice: è una cosa buona, bisogna ascoltare quello che ti dice il corpo perché può essere un messaggio della psiche che stai ignorando. Seee, magari ignorassi almeno i messaggi della psiche: tra previsione e prevenzione, non c’è un attimo di tregua ragazzi. Ve lo dico, sono in ascolto.

“Il comandante Danglard temeva sempre qualcosa. Scrutava l’orizzonte aspettandosi minacce di ogni genere, scorticandosi la vita sulle asperità delle proprie paure” (Fred Vargas, Il morso della reclusa). Comandante uno di noi. Non per niente - mi pare di ricordare - a Danglard piaceva alzare il gomito.

Giocare d’anticipo

Gli stoici dicevano che era una cosa buona: la chiamavano praemeditatio futurorum malorum, una pre-meditazione sui mali futuri, e per loro era un modo di sottrarre al male la potenza dello shock improvviso.

Nel caso degli ipocondriaci e degli ansiosi è più che altro un training alla disgrazia.

D’altra parte gli stoici miravano pure a “emanciparsi dall’incubo delle passioni”, come diceva il buon Battiato, cosa che non mi interessa, quindi niente, mi tengo l’ansia e bòna.

Piuttosto che emanciparmi, esco e “ti vengo a cercare”, sempre per citare la stessa canzone, e poi vediamo come ne esci, tu che volevi liberarti delle passioni e sei diventato anaffettivo.

Revisione delle profezie catastrofiche

Cassandra non fece una bella fine. E sprecò bellezza, curiosità e intelligenza a pensare a cosa sarebbe successo e a rimanerci incastrata nel mezzo.

È vero che se nasci a Troia e fai dei sogni spaventosi già da ragazzina tanto leggera non puoi essere, ma secondo Nardone e Bartoletti, autori del libro La paura delle malattie (c’entra, c’entra), si può cambiare il corso delle cose mettendo mano all'immaginazione.

L’obiettivo è “imparare a governare le nostre profezie e non essere vittima delle profezie. Se poi, su alcune di queste, lei**, dotata di intelligenza e quindi di umorismo, impara anche a riderci sopra, tanto di guadagnato, ok? Ma non è certo stupido saper ridere su un qualche cosa che prima ci spaventa, è una cosa molto intelligente” (amici baby boomer e ipocondriaci, anche voi state pensando che "una risata ci seppellirà" e sarà colpa nostra che abbiamo riso troppo?).

Il consiglio della risata mi pare buono. Tra l'altro pare faccia bene al cuore e al sistema immunitario.

Come indurci a ridere di alcune profezie?

Sostituendo forzosamente le immagini che si formano in testa con fotogrammi di un musical comico come succede nella serie Scrubs (ambientata peraltro in un ospedale)? Tentando la terapia del sorriso, come fa John Cage in Ally McBeal (niente, mi è presa con le serie tv anni Novanta), convinto che modificando un atteggiamento esterno si possa manipolare anche l'attitudine interna? In questi due casi si corre un po' il rischio di sembrare sfasati, ma lo svampito è comunque più desiderabile di un menagramo.

 

Insomma, il trucco è - lo avrete capito - allenare il cervello a cambiare il percorso delle sue suggestioni.

 

Altrimenti ci sono sempre le vecchie soluzioni: un bicchiere di vino con un panino, chiacchiere con l’amica giusta, la visione ossessiva di Friends (e daje con le serie tv anni Novanta!) o tutte e tre le cose insieme. 

Tutto ciò che sa distoglierci dall’esercizio della previsione negativa è cosa buona e giusta.

Anche per non risultare… prevedibili.


 

* Naturalmente il nome di Apollo o quello di Zeus, che prendeva le forme più assurde pur di sedurre qualsiasi cosa respirasse, non è stato associato ad alcuna sindrome.

** Il terapeuta si rivolge a una paziente ipocondriaca.

Cassandra

La gente vuole che gli si dica quello che vuole ascoltare, quello che la fa stare meglio. Se è vero o non è vero ha poca importanza.

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